Ti parlo un po’ di me

Mi chiamo Marianna, nata nel 1996 in un paesino in provincia della bella Salerno. Sono Haribo da sempre o meglio, dall’avvento dei social, per ragioni che, forse, prima o poi vi racconterò.

Accanita lettrice, da sempre in viaggio per il mondo, ho iniziato a scrivere per mettere ordine alla realtà (o forse soltanto alla mia realtà) per poi appassionarmi alla fotografia come ennesimo tentativo di dare un senso alle cose, intrappolandole in un’istantanea ad eterna memoria di un attimo.

In questo blog scrivo, condivido, racconto le mie esperienze, le mie opinioni, i miei consigli, insieme a foto di luoghi spettacolari e meravigliosi, sperando di riuscire nel più difficile degli intenti: arrivare al cuore di chi legge, emozionare ed emozionarmi, come tutte le volte in cui, davanti ad un panorama che toglie il fiato, mi rendo conto di come sia un gran privilegio far parte di questo mondo.

“Una volta Marina mi disse che ricordiamo solo quello che non è mai accaduto. Sarebbe trascorsa un’infinità di tempo prima che potessi comprendere quelle parole. Ma è meglio che cominci dall’inizio, che in questo caso è la fine”

Non sono io quella Marina, ma questo è l’incipit di uno dei miei libri preferiti, di uno dei miei autori preferiti, Carlos Ruiz Zafón.
Marina mi sembra quantomai appropriata ogni volta che si deve raccontare una storia perché mi ricorda, inevitabilmente, che tutto quello che ne si può dire sarà sempre, intrinsecamente legato alle emozioni più profonde di chi l’ha vissuta.

Baia di Trentova, Agropoli (SA)

Ricordo che da bambina ero così contenta quando a casa arrivavano i libri di fiabe e favole, che non vedevo l’ora arrivasse sera per potermi mettere a letto e leggerle fino ad addormentarmi. Sì, esatto, mi auto leggevo i racconti pre-nanna per la gioia di mamma Annamaria e papà Vito, che potevano sempre contare su di me quando si trattava di farmi addormentare.

Passavo interi pomeriggi, o intere nottate rischiarate da una timida torcetta, in compagnia di pagine più o meno bianche e copertine più o meno colorate: dalle avventure di Phileas Fogg alle storie struggenti della Austen, dalla penna incantata della Rowling al disincanto di Larsson, dal coraggio di Atticus Finch alle rocambolesche e surreali atmosfere di Dostoevskij.

Tutte queste letture hanno stimolato nella me bambina e, successivamente, nella giovane donna che sarei diventata, una smisurata curiosità per tutto quanto mi circonda, per tutto ciò che è diverso, sconosciuto, lontano; per il mondo, nella sua accezione più ampia.

E così, crescendo, ho imparato che non esistono momenti sbagliati per capire ciò che è “diverso”; che nessun passo è sprecato quando ti conduce dove saresti voluto arrivare; che proprio quando crediamo di conoscere qualcosa è il momento in cui bisogna guardarla da una prospettiva differente.

Palacio da Pena (Sintra)

Prima ancora di iniziare a viaggiare, però, forse dovrei dire che ho iniziato a scrivere.
Scrivere per me è sempre stato un palliativo alle difficoltà con le quali mi sono sempre misurata; rappresenta un tentativo di capire il mondo, di mettere ordine alla realtà, di darle un senso, per poterla poi guardare dall’esterno, come un narratore onnisciente; è un modo di esorcizzare fantasmi e paure; è un grido, nel buio, nel quale mi rifugio quando mi sembra di non essere ascoltata. Scrivere resta comunque il mezzo di espressione che preferisco, perché rispetta i tempi di ognuno ed i miei, soprattutto, che ho sempre avuto la sensazione di non essere mai puntuale, di arrivare alle cose sempre un po’ prima o un po’ dopo del tempo giusto.

Ed è secondo questi pochi, chiari e semplici principi che ho iniziato a viaggiare, prima con la fantasia, insieme agli amici che ho imparato a farmi attraverso i libri; e poi per davvero, sfruttando ogni occasione mi si presentasse per inserire un piccolo segnaposto nel mondo.

A chiusura del cerchio, c’è la fotografia.

Lisbona (PT)

“Si ricorda solo quello che non è mai accaduto”, è forse per questo che ho sempre sentito l’esigenza di catturare in un’immagine un momento, un attimo, di cui potrei, col passare del tempo, perdere il significato.
L’ennesimo tentativo di dare un senso alle cose.

Il mio spostarmi per il mondo, quindi, è sempre stato accompagnato da una bella dose di parole e da una certa quantità di immagini, che hanno dato forma e sostanza ai miei viaggi, fornendomi di volta in volta spunti di riflessione e occhi diversi per guardare al mondo, perché alla fine conta di più ciò che si sceglie di non inquadrare.

HariboOnTheRoad è un mio desiderio da sempre, un posto in cui avrei potuto scrivere e, soprattutto, condividere.

L’ho sempre immaginata, ma non mi sono mai spinta oltre, forse frenata dalla paura di non aver abbastanza da dire. Una convinzione che, ahimè, non basta il tempo a fare andar via.

Alle volte, però, è sufficiente che qualcuno ti tenga accesa la fiamma per iniziare a bruciare; che lasciarsi aiutare non è mica una debolezza, ma ci vuole coraggio e quindi, forse, è la più grande dimostrazione di forza.