CILENTO On the Road
Nell’immaginario comune pensare alla Campania come luogo di vacanze, riconduce inevitabilmente alle piccole e meravigliose calette della Costiera Amalfitana e della Penisola Sorrentina, alla storia di Pompei e dei suoi Scavi Archeologici, alla maestosità della Reggia di Caserta e al fascino delle città d’arte come Napoli. Esistono poi tanti altri luoghi che, non per demerito, restano esclusi dalle principali rotte turistiche e che, forse anche per questo, riescono a mantenere inalterata la loro natura selvaggia e rurale.
Superata la litoranea che da Salerno arriva fino a Paestum, si procede in direzione sud, verso il Cilento. Terra legata alla mitologia e alle leggende, da Omero a Virgilio, il Cilento è ad oggi un territorio protetto a seguito dell’istituzione del Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano. Qui, tra entroterra e mare, si sviluppa un tipo di turismo più sostenibile, in cui si riscopre la magia della natura, che con la sua forza e la sua potenza fa da protagonista assoluta nelle giornate di tutti gli avventurieri del territorio.
Quello di cui sto per raccontarvi è un viaggio su due ruote, che nelle torride giornate di agosto mi ha dato modo di respirare aria fresca e libertà, dopo un lockdown totale in cui quest’ultima è mancata più di ogni altra cosa.
La scelta di un alloggio comodo e geograficamente funzionale mi ha portato ad Ascea Marina, in un B&B gestito da una coppia che ha del comico e dell’irresistible insieme, lei francese e lui napoletano, ospiti simpaticissimi e super accoglienti. È da Ascea Marina che ogni mattina, a bordo di un tostissimo Beverly, e soltanto a seguito di un’abbondante colazione presso un bar di fiducia, scoperto per caso e non lasciato più per scelta, sono partita per quello che amo definire un viaggio avventura, perchè zaino e gambe in spalle, si cammina, si scopre e ci si affascina fino allo stremo delle forze.
Giorno 1:
Dalla spiaggia di Lentiscelle, a Marina di Camerota, parte il “Sentiero degli Infreschi” , quasi in piana e che quindi può essere affrontato anche dai meno pratici, che arriva fino alla Baia degli Infreschi, acqua cristallina e silenzio assoluto, eccezion fatta per la piccola barca ormeggiata vicino alla riva che offre servizio di ristorazione a domicilio, con uscite affatto sporadiche di ‘mpepate di cozze e piatti di fumanti spaghetti ai frutti di mare. Si ritorna indietro attraverso lo stesso sentiero e si fa tappa, sulla via del ritorno a Cala Bianca, insignita nel 2013 del titolo di spiaggia più bella d’Italia, così chiamata per via del colore bianchissimo dei suoi sassi, che si dice siano stati punto di riferimento per pescatori non ancora tecnologizzati. Un tuffo in acqua e poi di ritorno verso il punto di partenza, da cui ammirare un tramonto spettacolare: seduti a riva, con i piedi in ammollo a guardare il sole che lentamente cala dietro il paese di Camerota.
Arrivata ora di cena, con una fame da lupi è d’obbligo immergersi tra i vicoletti di Marina di Camerota, gremita di turisti come suo solito, per andare a degustare i piatti della “Cantina del Marchese”, ristornate tipico legato alla tradizione popolare e contadina di queste terre, in cui si mangia e si beve in stoviglie di coccio, i piatti sono abbondanti e il conto non è salato.
Giorno 2:
È Ferragosto, e per evitare i grandi affollamenti delle spiagge, ripiego sull’entroterra ma mai distante dall’acqua, dolce questa volta. Si parte da Sacco, dove si trova uno dei ponti a singola arcata più alti d’Europa, prima di raggiungere le Gole del Sammaro: gole scavate nella roccia dall’erosione dell’acqua del Torrente Sammaro, che dopo 12 km di corsa va a confluire nel fiume Calore. E via alla scoperta delle gole, con le immancabili scarpette per l’acqua e quel briciolo di adrenalina che scatta nel momento in cui ti rendi conto di essere in una grotta, la grotta di Jacopo, in cui si rifugiavano i briganti in lotta contro l’Unità d’Italia; o forse è solo il contatto con delle acque davvero fredde, in cui i più coraggiosi, come me, hanno anche l’ardire di tuffarsi. D’altronde il freddo tonifica, o almeno così dicono.
Dopo aver recuperato un po’ di calore si torna in sella per raggiungere Roscigno Vecchia, la “Pompei del Novecento” così definita da Onorato Volzone, giornalista de “Il Mattino”. Proprio come a Pompei, infatti, gli abitanti di Roscigno fuggirono dalle forze della natura, i continui smottamenti del terreno, le frane frequenti e le strade incerte. Uno spostamento durato quasi un secolo, da quando ordinanze del Genio Civile stabilirono lo sgombero del paese e la costruzione di nuove case più a monte. Il paese non è stato raggiunto dalla modernità, qui tutto è rimasto com’era un tempo, quando tutto era più lento, legato ai ritmi del giorno e della notte, al lavoro contadino e al rispetto dell’ambiente. Ma non è un paese fantasma quello di Roscigno, vi resta infatti ancora un abitante, non l’ultimo o l’unico, ma il primo del nuovo millennio, come lui stesso si definisce, Giuseppe Spagnuolo, che vive in compagnia dei suoi gatti e che fa da cicerone ai turisti che si avventurano per le strade del borgo.
Altro giro, altro fiume: e proprio come il Sammaro raggiungo il fiume Calore, nel pomeriggio, quando tutti si sono già rimpinzati a suon di grigliate e braciate, mi concedo una dolce pausa nelle acque fresche del Calore, nella pace che regna tutt’intorno e mi lascio cullare dalla calda luce del sole che lentamente scivola via.
Giorno 3:
Giornata dedicata alla cultura questo Day 3, direzione Certosa di Padula. È stata la prima certosa a sorgere in Campania ed è attualmente la più grande d’Italia e tra le maggiori in Europa, dichiarata patrimonio dell’Umanità nel 1998. Lo stile barocco, la quiete che si respira ad ogni passo, i giardini immensi e il verde che sovrasta qualsiasi altro colore che non sia l’azzurro del cielo, contribuiscono alla sua aura di mistero e di sacralità che quasi ti impedirà di produrre anche il minimo rumore. Un’esperienza che vale gli 8€ del biglietto d’entrata.
Dopo la visita alla Certosa, ad attrarmi è il piccolo paesino che si staglia alla sua sommità, Padula. Mi perdo tra i suoi vicoletti e le sue casette piccole e addossate le une alle altre, tra i balconi fioriti e l’odore di cucinato che riempie l’aria fuoriuscendo dalle imposte aperte delle finestre. Gli abitanti del posto, i pochi che incontro a quest’ora del pomeriggio, guardinghi e un po’ diffidenti, guardano di soppiatto, fino a che una signora, avvicinandosi non mi si rivolge con una verità che mi ha dato tanto da pensare: “è bello sapere che non tutti si fermano alla Certosa per poi girare i tacchi e tornare indietro, anche il paese merita di essere visitato”. Parole dure, che anche a distanza di tempo restano impresse, a mo’ monito, mettendomi in guardia da un turista che non vorrei mai diventare, quello che prende e sfrutta tutto ciò che gli viene offerto, senza immergervisi, capirlo e apprezzarlo per davvero.
Un’ultima tappa prima di ritornare alla base, il Battistero di San Giovanni in Fonte, nel comune di Sala Consilina, un edificio religioso che testimonia uno dei più antichi insediamenti del cristianesimo, che si caratterizza per la sorgente collocata al centro della chiesa , le cui acque raccolte in una vasca consentivano il battesimo dei fedeli per immersione. Una struttura di notevole interesse storico lasciata un po’ a se stessa, di cui nessuno saprebbe nulla a meno che non si consultino le guide di viaggio degli esploratori più incalliti. Un tuffo a mare prima che la giornata finisca, verso Acciaroli, a Torre Caleo, una spiaggia di grosse rocce e per questo poco frequentata, se non dagli impavidi che non han paura di perdere l’equilibrio e graffiarsi gambe e braccia.
Giorno 4:
Si ritorna sulle coste, questa volta più a sud. Quasi al confine con la Basilicata, a Scario. Un caffè vista mare, sul porticciolo e si riparte per il Pianoro di Ciolandrea, la terrazza di San Giovanni a Piro, dal quale si può godere di una magnifica vista sul Golfo di Policastro e sulla Costa della Masseta. Situato a circa 600 metri di altezza, nelle giornate più limpide, offre una vista mozzafiato su ben quattro regioni: la Campania, con il Golfo di Policastro e la Costa della Masseta; la Basilicata, con la sua costa abbracciata dal Cristo di Maratea; la Calabria e l’arcipelago siciliano delle Eolie. Da qui partono numerosi sentieri, tra cui quello del Marcellino, circa due ore di sentiero, con un grado di difficoltà piuttosto alto, salite ripide e discese a picco, che però offrono dei punti panoramici strabilianti con strapiombi spettacolari e colori da cartolina. Il sentiero, sul quale ho lasciato oltre che al sudore anche qualche strato di pelle e un po’ di sangue, conduce ad una delle spiagge che ancora oggi considero come una delle più belle che abbia mai visto, la Spiaggia dei Francesi, o spiaggia del Marcellino. Ciottoli bianchi che si stendono per un centinaio di metri e acqua cristallina, che vi ripagherà di tutte le fatiche e le energie dispiegate durante il sentiero. La particolarità e anche la bellezza di questa spiaggia, è che non può essere raggiunta in altro modo se non dal mare, o dal sentiero, che però resta l’opzione meno gettonata, lo dimostrano gli applausi che mi hanno accolta una volta giunta a terra, come se avessi appena vinto la coppa del mondo.
Qualche ora per ricaricare le batterie e poi si riparte, in salita questa volta. Non senza fatica, raggiunto nuovamente il Pianoro, un ultimo sguardo alla costa, che nel frattempo si è liberata della leggera foschia del mattino e si rivela in tutta la sua imponenza. Di ritorno a Scario, sciolgo muscoli e nervi passeggiando per le viuzze del centro, e per le scale, per le quali ho un debole da sempre, che affacciano tutte sul mare. E quando la fame chiama dritto verso il locale che mi è stato consigliato con tanta enfasi ed entusiasmo da una coppia di amici “Braceria-Churrasqueria da Pietro e Andrea”, macelleria di giorno e ristorante con la Genovese più buona del mondo, di sera. Soddisfatta come poche volte nella vita.
Giorno 5:
Alternando mare ed entroterra, vivo nell’illusione di poter trarre sollievo dalla frescura offerta da quest’ultima. Questa è la giornata dedicata alle Oasi e alle riserve naturali. Zaino in spalla e felpa in vita, perché entrando nel cuore del cilento, quando il sole non ti scalda le spalle l’aria può essere davvero molto fresca, raggiungo Casaletto Spartano, e al prezzo di 6€ acquisto il biglietto d’entrata per l’Oasi Capello, dove si trovano le famose cascate dei Capelli di Venere. Una delle cascate più belle della Campania, è formata dall’affluente del fiume Bussento, il Bussentino, le cui acque scorrono sopra la pianta Capelvenere che vive attaccata alla roccia, e hanno così creato delle vasche naturali. L’oasi oltre alle belle cascate offre diversi percorsi di trekking, tutti legati alla valorizzazione della flora e della fauna locale.
Via un’oasi ne arriva subito un’altra, questa volta a Morigerati, l’Oasi Grotte del Bussento, 10€ il biglietto di ingresso e subito ci si immerge in un sistema di grotte, tra i quali si snodano percorsi natura poco difficoltosi di circa 3 chilometri totali tra andata e ritorno. Il percorso parte dalla Grotta del Bussento dove avviene la Risorgenza del fiume, qui, infatti, ritorna in superficie dopo essere sprofondato sottoterra nell’Inghiottitoio, nei pressi di Caselle in Pittari. All’ingresso delle grotte le guide del WWF accolgono i visitatori per dare tutte le spiegazioni del caso e le delucidazioni circa la flora e la fauna che si incontrerà lungo il percorso.
La seconda tappa dell’Oasi prevede la sosta presso un antico mulino ad acqua, rimasto in funzione fino agli anni ’60 del secolo scorso e dove gli abitanti di Morigerati venivano a macinare il proprio grano. Finita la visita alle grotte, il mare è quello che ci vuole per godersi le ultime ore di luce e lo spettacolo del sole che si spegne nel mare.
Giorno 6:
Tra mare ed entroterra non poteva di certo mancare una capatina nel sottosuolo. Il sesto giorno infatti ha i tratti di un viaggio dantesco, non negli inferi, ma nelle viscere di un territorio che ha del paradisiaco. Si parte dalle grotte di Pertosa-Auletta, a cui si accede con un biglietto di 13,50€, le uniche grotte in Italia in cui è possibile navigare su un fiume sotterraneo, il Negro, fin qui tutto molto Dantesco, come anche la nostra guida, affabile e preparata, un Caronte che ha più le caratteristiche di un Cicerone. Sono anche le uniche grotte in Europa a conservare i resti di un villaggio palafitticolo risalente al II millennio a.C.
Tempo di riscaldarsi nuovamente alla luce del sole e via di nuovo sottoterra, questa volta per il percorso amatoriale alle Grotte di Castelcivita precedentemente prenotato al costo di 31€: si tratta di 3000 metri percorribili in circa tre ore, muniti di casco con illuminazione incorporata, che permette di vivere appieno le varie zone d’interesse che vengono ancora una volta presentate da guide preparate e soprattutto innamorate del loro lavoro. Questa visita, che comprende 1800 metri aggiuntivi al tradizionale percorso turistico, termina su un lago perenne che impedisce la prosecuzione, raggiunto il quale non si può far altro che tornare indietro. Mi sento di lasciare un’importante informazione di servizio: la temperatura nelle grotte non è particolarmente bassa, si aggira intorno ai 15/16°C, caratterizzati però da una pesante umidità, quindi, anche se è metà agosto e fuori fa un caldo di pazzi, armatevi di felpe e giacche a vento, perché shorts e canottiera non sono l’abbigliamento più consono.
Giorno 7:
Dopo tutto questo peregrinare, al settimo giorno, come fece anche Dio, anche gli eroi si riposano. E così sia. Le giornate non partono se prima non si fa una bella colazione, che è il pasto più importante della giornata, e non ho mai menzionato chi fino ad ora mi ha regalato gioie e dolcezza infinite, la pasticceria “Dolci Peccati” di Casal Velino. Mi hanno accolta come fossi stata qui da sempre, con la cordialità di chi da anni è abituato a vederne di tutti i colori e spera che con un sorriso e una parola gentile si possano risollevare le sorti di una giornata storta, nonostante le mascherine; disponibli ed affabili, nonostante il distanziamento, a smentire le voci che dicono che il popolo cilentano sia altezzoso e arrogante.
Un giro per Palinuro, il passaggio sotto l’Arco Naturale, e poi tintarella alla bella spiaggia delle Saline, che nonostante sia pieno agosto, rimane calma e silenziosa, come un piccola gemma nascosta in pieno centro. Prende il suo nome dalle rocce presenti nei pressi del Molo dei Francesi, gli abitanti avevano ricavato delle saline per ottenere sale marino.
Aspettare il tramonto in spiaggia ed abbrustolire al sole, nell’attesa di una cena speciale. Invitata a cena, si avete letto bene.
La simpatica coppia franco-partenopea si è prodigata in un invito così entusiasta che rifiutare sarebbe stato impossibile. Ancora una volta resto stupita di fronte alla semplicità con la quale si instaurino certi legami, a quanto sia facile aprire le porte a persone che fino a qualche giorno prima erano perfetti sconosciuti e che forse non si rivedranno mai più, però lì, in quel momento sono in grado di apportare quel valore aggiunto che va ad arricchire il puzzle della tua vita.
Giorno 8:
Ultimo giorno cilentano, ne approfitto per muovermi verso un piccolo borgo per il quale sono sempre passata senza mai soffermarmi troppo ma che ha, da subito, attratto la mia attenzione, Pisciotta. Arroccato su un’altura, con le case colorate tutte vicine le une alle altre, mi ha offerto tanti scorci fotografici per la mia galleria personale. E poi giù verso Marina di Pisciotta, per l’ultimo bagno nelle acque del Cilento.
PILLOLE DI VIAGGIO
Sono stati otto giorni intensi, ricchi di emozioni, di colori e di profumi di una terra che mi ha rapito come non mi sarei mai aspettata. Una destinazione scelta un po’ per gioco, con un programma stilato e organizzato fin nei minimi dettagli, in cui tra uno spostamento e l’altro c’era giusto il tempo di stupirsi. Dovremmo tutti un po’ vivere come i bambini, con la capacità di meravigliarci di fronte agli spettacoli che la vita ci offre, scovare l’unicità che sta dentro ogni cosa, e capire che non esistono luoghi brutti, solo osservatori poco attenti. Siamo soliti pensare che per viaggiare serva andare lontano, ma viaggiare è uno stato d’animo che ti permette di scoprire e di aprirti agli altri, anche fosse nel tuo stesso quartiere.
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